
Tutti abbiamo riflettuto, di quando in quando, su cosa significhi essere genitori. Che ciò sia avvenuto mentre aspettavate il primo figlio, o durante una crisi di pianto del bambino, o durante una discussione a cena perché il bambino non vuole mangiare i piselli, tutti almeno una volta abbiamo pensato: “Mi sto comportando nel modo giusto?”.
Molti di noi fanno ricorso ai libri e a Internet, o parlano con amici e parenti per un consiglio o un sostegno. La maggior parte vuole solo essere rassicurata che sì, in effetti, sta facendo le cose nel modo giusto. Ma avete mai pensato a quale sia il “modo giusto”? Da dove prendiamo le nostre idee sul modo corretto di essere genitori?
Se andate in Italia, troverete bambini che cenano alle nove di sera e corrono da tutte le parti nei ristoranti quasi fino a mezzanotte; in Norvegia è normale che i piccoli dormano fuori a meno venti gradi; e in Belgio i bambini hanno il permesso di bere la birra. A noi, alcuni di questi comportamenti sembrano strani, ma per quei genitori è quello il modo “giusto” di comportarsi.
Queste idee che implicitamente diamo per buone, e che riguardano il modo di crescere i nostri figli, sono quelle che Sara Harkness, professoressa di sviluppo umano presso l’Università del Connecticut, chiama “etnoteorie genitoriali”. Sono decenni che studia il fenomeno in culture diverse, e ha scoperto che quel che si crede essere il modo giusto di fare i genitori è così intrinseco alla nostra società e la permea talmente che è quasi impossibile vederlo con obiettività.
A noi sembra che le cose siano giuste fatte in quel modo, e basta. E così, molti di noi hanno riflettuto su cosa significhi essere genitore, ma avete mai pensato a cosa significhi essere un genitore americano? A come gli occhiali da americani che indossiamo colorano la nostra capacità di vedere quale sia “il modo giusto”? Cosa accadrebbe se ci dovessimo togliere per un attimo quegli occhiali di dosso – cosa vedremmo? Se facessimo qualche passo indietro e guardassimo gli Stati Uniti da una certa distanza, quale impressione ne ricaveremmo? Un’epidemia di stress Da anni un po’ in tutti gli Stati Uniti assistiamo alla problematica crescita di persone infelici.
L’uso di antidepressivi è aumentato del 400% tra il 2005 e il 2008, secondo il Centro nazionale di statistiche per la salute. Sono sempre di più i disturbi psicologici diagnosticati ai bambini, a volte senza un chiaro criterio diagnostico, e per i quali vengono prescritti medicinali. Solo nel 2010, ci sono stati almeno 5,2 milioni di bambini di età compresa tra i tre e i diciassette anni che hanno preso il Ritalin per disturbi da deficit di attenzione e iperattività. Stiamo combattendo l’obesità e l’entrata precoce nella pubertà, o “pubertà precoce”, come si chiama adesso. A bambine e bambini di sette e otto anni vengono fatte iniezioni ormonali per bloccare la pubertà.
Molti di noi non si chiedono neppure se la cosa sia strana o meno: semplicemente è così che vanno le cose. «Mia figlia si fa l’iniezione», ha sciorinato di recente una mamma come se niente fosse, parlando della figlia di otto anni che secondo lei stava entrando nella pubertà troppo presto. Molti genitori sono esageratamente competitivi con se stessi, i loro bambini e gli altri genitori, perfino senza rendersene conto.
Ovviamente, non tutte le persone sono così né vogliono esserlo, ma possono sentirsi sotto pressione vivendo in una cultura competitiva. Il linguaggio usato può essere forte e provocatorio, in grado di mettere gli altri sulla difensiva: «Kim è assolutamente meravigliosa a calcio. L’allenatore dice che è una delle migliori in squadra. Eppure riesce anche a prendere ottimi voti nonostante il calcio, il karate e il nuoto. Non so proprio come riesca a farlo! Che mi dici di Olivia? Come le vanno le cose?». Ci sentiamo sotto pressione perché dobbiamo “riuscire” – come i nostri figli devono “riuscire”, andar bene a scuola e così dar soddisfazione alla nostra idea di come dovrebbe essere un bambino bravo, un genitore bravo. I livelli di stress sono spesso elevati, e ci sentiamo giudicati – dagli altri e da noi stessi. In parte dipende dalla natura umana, in parte deriva da ciò che significa essere americani.
Che cosa ci spinge come società ad adempiere ai nostri doveri, a essere competitivi e bravi rapportandoci a uno schema che alla fine dei conti non sembra renderci molto felici da adulti? Cosa accadrebbe se alcune delle “risposte” che abbiamo su come crescere i nostri figli – le nostre regole genitoriali – fossero imperfette? Cosa accadrebbe se scoprissimo che per gli occhiali che stavamo indossando avevamo la prescrizione sbagliata e che non eravamo capaci di vedere le cose in modo così nitido come pensavamo? Cambieremmo le lenti, per correggere la vista, e guarderemmo di nuovo il nostro mondo. Ecco, scopriremmo che le cose hanno veramente un altro aspetto! Cercando di vedere le cose da una nuova prospettiva, con lenti nuove, la domanda sorge spontanea: “Esiste un metodo migliore?”.
A volte dimentichiamo che essere genitori, come amare, è un verbo, indica cioè un’azione. C’è bisogno di impegno e lavoro per ottenere dei riscontri positivi. Occorre essere profondamente consapevoli di chi siamo per essere dei buoni genitori. Dobbiamo guardare come ci comportiamo quando siamo stanchi e stressati e portati al limite. Queste azioni sono i nostri cosiddetti “automatismi”. I nostri automatismi sono le azioni che compiamo e le reazioni che abbiamo quando siamo troppo stanchi per fare la scelta migliore. Ereditiamo la maggior parte degli automatismi dai nostri genitori. Sono radicati e programmati in noi come lo è la scheda madre in un computer. Sono come le nostre impostazioni di fabbrica a cui ci rivolgiamo quando siamo così preoccupati o confusi da non sapere più cosa fare né cosa pensare; sono stati installati dentro di noi dal modo in cui siamo stati cresciuti. Accade quando ci sentiamo dire cose che non vorremmo veramente dire. Accade quando agiamo e reagiamo usando modi nei quali non siamo così sicuri di volere agire e reagire. Accade quando ci sentiamo male perché dentro di noi sappiamo che c’è un modo migliore per ottenere riscontri positivi dai nostri bambini, ma non siamo sicuri di quale sia questo modo. Tutti quelli che hanno un figlio conoscono bene questa sensazione. Ecco perché è così importante guardare i propri automatismi, studiarli e comprenderli. Cosa vi piace del modo in cui agite e reagite con i vostri figli? Cosa non vi piace? Quel che fate è solo una ripetizione del modo in cui voi siete stati educati? Cosa vi piacerebbe cambiare? Solo dopo aver capito quali sono le vostre inclinazioni naturali – i vostri automatismi – come genitori, potrete decidere come volete cambiarli per migliorare.
Fonte: Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni - Iben Sandhal, Jessica Joelle Alexander
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